LA CORTE DEI CONTI 
 
 
               SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE 
 
    in speciale composizione 
    composta dai seguenti magistrati: 
        Mario Pischedda - Presidente relatore 
        Emanuela Pesel - Consigliere 
        Maria Luisa Romano - Consigliere 
        Domenico Guzzi - Consigliere 
        Alessandra Sanguigni - Consigliere 
        Giulia De Franciscis - Consigliere correlatore 
        Chiara Vetro - Consigliere 
    ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio iscritto al  n.
n. 618/SR/EL del registro di Segreteria di queste Sezioni riunite sul
ricorso proposto, ex art. 11, comma 6,  lettera  e),  del  codice  di
giustizia contabile dal Comune di Napoli, in persona del Sindaco  pro
tempore, rappresentato e difeso dagli  avvocati  Antonio  Andreottola
(antonio.andreottola@pec.comune.napoli.it)    e    Fabio     Ferrari,
(fabiomaria.ferrari@pec.comune.napoli.it)      ed       elettivamente
domiciliato presso lo Studio Legale Leone, in Roma, via Appennini  n.
46; 
    avverso la deliberazione della  Sezione  regionale  di  controllo
della Campania n. 107 del 10 settembre 2018 con  la  quale  e'  stata
affermata   l'inadeguatezza   delle   misure   correttive    adottate
dall'amministrazione ai sensi e per gli effetti di cui  all'art.  148
bis, comma 3, del Testo Unico degli Enti Locali ed e' stata  preclusa
l'attuazione dei programmi di spesa nei termini meglio specificati in
parte motiva; 
    Visto il ricorso introduttivo del giudizio; 
    Visti i decreti presidenziali di fissazione dell'odierna udienza,
di composizione del Collegio e di nomina dei  relatori  del  presente
giudizio; 
    Esaminati gli atti e i documenti di causa; 
    Uditi, nell'udienza pubblica del 21 novembre 2018, il consigliere
relatore Giulia De Franciscis, l'avv. Fabio  Ferrari,  per  la  parte
ricorrente  ed  il  Pubblico  Ministero  nella   persona   del   vice
Procuratore generale cons. Marco Boncompagni; 
    Vista la sentenza non definitiva in data odierna con la quale  e'
stato respinto il motivo d'impugnazione relativo  alla  violazione  e
falsa applicazione dell'art. 148 bis, comma 3, del Testo unico  degli
enti locali ed e' stata accolta  la  domanda  cautelare,  sospendendo
l'efficacia della delibera impugnata. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. Con ricorso depositato in data 11  ottobre  2018,  ritualmente
notificato, il Comune di Napoli contesta la deliberazione n. 107  del
10 settembre 2018, con la quale la  Sezione  regionale  di  controllo
della Campania ha statuito l'inadeguatezza  delle  misure  correttive
adottate dall'amministrazione ai sensi  e  per  gli  effetti  di  cui
all'art. 148 bis, comma 3, del Testo Unico degli Enti Locali  (Tuel),
approvato con d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e successive modifiche  ed
integrazioni, ed ha precluso l'attuazione dei programmi di spesa  nei
termini meglio specificati in parte motiva, sino  all'adozione  delle
necessarie manovre correttive. 
    La delibera impugnata e' la prosecuzione del procedimento avviato
con la deliberazione n. 240 del 16 ottobre 2017 nella quale  venivano
accertate diverse irregolarita'  e  criticita',  tra  le  quali,  per
quanto interessa in  questa  sede,  l'erroneita'  del  riaccertamento
straordinario  dei  residui,  e  veniva  chiesto  all'amministrazione
comunale di provvedere, a titolo di misure correttive ex art. 148 bis
Tuel, alla riedizione del predetto riaccertamento straordinario,  con
specifico riferimento alla costituzione  e  corretta  quantificazione
del fondo oneri e passivita' potenziali e del  fondo  destinato  alla
neutralizzazione finanziaria dell'anticipazione ottenuta dal fondo di
rotazione ai sensi dell'art. 243-ter Tuel. 
    La delibera accertava  altre  irregolarita'  che,  in  seguito  a
ricorso giurisdizionale del comune, venivano in parte  ridimensionate
con sentenza di queste Sezioni riunite n. 11/2018. 
    Successivamente alla pubblicazione  della  predetta  sentenza  la
Giunta comunale con deliberazione n. 170 del 20 aprile 2018, adottava
le  misure  correttive  richieste   dalla   Sezione   di   controllo,
nell'ambito  delle  quali  si  e'  proceduto  alla   riedizione   del
riaccertamento straordinario dei residui ed al conseguente  ricalcolo
dei disavanzi da applicare a ciascun esercizio, a far data dal  primo
gennaio 2015. 
    L'esame delle suddette misure correttive ha portato  all'adozione
della pronuncia impugnata. 
    Il giudizio negativo  della  Sezione  regionale  si  fonda  sulla
contestazione  dall'amministrazione  di   diverse   irregolarita'   e
criticita' contabili, consistenti: 
        a) nella errata riedizione del  riaccertamento  straordinario
dei residui; 
        b) nel conseguente errato calcolo  del  "maggiore  disavanzo"
(c.d. extra-deficit); 
        c) nella mancata applicazione nell'esercizio 2018 della quota
di maggior disavanzo non recuperato nei due esercizi precedenti; 
        d) nella inidoneita' del piano straordinario di alienazioni a
far  fronte  ai  minori  trasferimenti  erariali  che  si   sarebbero
verificati nel 2019 in conseguenza dell'accertata elusione del  saldo
di finanza pubblica. 
    Con particolare riferimento  alle  irregolarita'  concernenti  la
riedizione del riaccertamento straordinario la Sezione  regionale  di
controllo   contesta   l'erroneita'   dell'azzeramento   del    Fondo
anticipazioni   liquidita'   disposto    dall'amministrazione,    con
imputazione del corrispondente importo al  Fondo  per  i  crediti  di
dubbia esigibilita', sostenendo che l'art. 1, comma 814, della l.  27
dicembre 2017, n. 205, dettante l'interpretazione autentica dell'art.
2, comma  6,  del  d.l.  19  giugno  2015,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni, dalla 1. 6 agosto  2015,  n.  125,  non  possa  essere
interpretato nel senso di legittimare tout court detta  "traslazione"
di  risorse,  avendo  soltanto  riconosciuto   la   possibilita'   di
retrodatarne la contabilizzazione  degli  effetti.  Conseguentemente,
secondo la Sezione, resta ferma l'interpretazione  costituzionalmente
orientata ed integrata dai principi dettati in  materia  dalla  Corte
costituzionale,   precedentemente   elaborata   e   condivisa   anche
dall'amministrazione comunale, nel senso di ritenere  ammissibile  la
misura in questione esclusivamente nei limiti degli incassi in  conto
residui registrati nell'anno in corso. 
    2. Il Comune di Napoli si duole delle statuizioni  negative  rese
nell'impugnata  decisione  della  Sezione  regionale  di   controllo,
contestando tutte le criticita'  riscontrate  e,  in  via  cautelare,
chiede che ne vengano sospesi gli effetti. 
    Un primo ordine di contestazioni concerne la violazione  e  falsa
applicazione dell'art. 148 bis, comma 3, del Tuel, sotto  il  profilo
dell'asserito mancato  rispetto  della  procedura  bifasica  prevista
dalla suddetta norma per pervenire al blocco della spesa. 
    La seconda censura concerne la violazione  e  falsa  applicazione
dell'art. 193 Tuel, in  quanto  la  deliberazione  non  si  limita  a
disporre il blocco della spesa,  ma  afferma  altresi'  l'obbligo  di
adozione di provvedimenti di ripristino dello squilibrio, aggiungendo
che, in mancanza, si produrra' lo scioglimento degli organi ai  sensi
e per gli effetti del predetto art. 193. 
    Il  terzo  motivo  di  ricorso  contesta  sempre  la   violazione
dell'art. 148 bis, comma 3, Tuel,  sotto  il  profilo  della  mancata
specifica indicazione dei programmi di spesa non consentiti. 
    Il quarto motivo di ricorso contesta nel merito le  criticita'  e
le irregolarita' contabili riscontrate dalla Sezione di controllo. In
particolare, per quanto  rileva  in  questa  sede,  l'amministrazione
ricorrente contesta  la  censura  concernente  l'utilizzo  in  misura
integrale  delle  risorse   accantonate   nel   Fondo   anticipazioni
liquidita' per finanziare il Fondo crediti di dubbia esigibilita'. 
    3.  Nelle  proprie  conclusioni  la  Procura  generale,   ritiene
infondati  tutti  i  motivi  del  ricorso  ad  eccezione  di   quello
riguardante la facolta' di  utilizzare  le  risorse  accantonate  nel
fondo anticipazione di liquidita' a copertura del  fondo  crediti  di
dubbia esigibilita'. Ritiene in proposito  che  il  quadro  normativo
vigente e gli  indirizzi  giurisprudenziali  espressi  dalle  Sezioni
riunite in  sede  giurisdizionale  (SS.RR.  n.  26/2016/EL)  e  dalla
Sezione delle Autonomie  di  questa  Corte  (Sez.  Aut.  n.  33/2015)
suffraghino  il  legittimo  esercizio  di  tale   facolta',   sicche'
l'operato del Comune di Napoli e' da ritenere legittimo, avendo  dato
lineare applicazione alla previsione normativa. 
    4. All'odierna udienza pubblica  le  parti  hanno  illustrato  le
argomentazioni contenute negli atti scritti confermando  le  relative
conclusioni. 
    5. Con sentenza non definitiva in pari data, il  cui  dispositivo
e'  stato  letto  in  udienza,  sono  stati  respinti  i  motivi   di
impugnazione di cui ai numeri 1 (comprensivo dei submotivi) 2 e 3 del
ricorso, e' stato  disposto  di  sollevare  con  separata  ordinanza,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  6,  del
d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni dalla  1.  6
agosto 2015, n. 125 e dell'art. 1, comma 814, della  1.  27  dicembre
2017, n. 205, di interpretazione autentica della predetta  norma,  e'
stato sospeso il giudizio in relazione al  predetto  ed  ai  restanti
capi (n. 5 e 6) di domanda ed e' stata accolta la domanda cautelare e
per l'effetto e' stata sospesa l'efficacia della delibera impugnata. 
 
                               Diritto 
 
    1.  Le  norme  di  dubbia  costituzionalita'.  Con  la   presente
ordinanza, in aderenza al dispositivo letto in udienza, si solleva la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  6,  del
d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni dalla  l.  6
agosto 2015, n. 125 ("Gli enti  destinatari  delle  anticipazioni  di
liquidita' a valere  sul  fondo  per  assicurare  la  liquidita'  per
pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di cui  all'articolo
1  del  decreto-legge  8  aprile  2013,  n.   35,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, utilizzano la  quota
accantonata   nel   risultato   di    amministrazione    a    seguito
dell'acquisizione delle erogazioni, ai  fini  dell'accantonamento  al
fondo   crediti   di   dubbia   esigibilita'   nel    risultato    di
amministrazione") e dell'art. 1, comma  814,  della  1.  27  dicembre
2017, n. 205,  di  interpretazione  autentica  della  predetta  norma
("L'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 19  giugno  2015,  n.  78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125,  si
interpreta nel senso che la facolta'  degli  enti  destinatari  delle
anticipazioni di liquidita' di cui all'articolo 1 del decreto-legge 8
aprile 2013, n. 35, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  6
giugno 2013, n. 64, di utilizzare la quota accantonata nel  risultato
di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle  erogazioni,  ai
fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita'  nel
risultato  di  amministrazione,  puo'  essere  esercitata  anche  con
effetti sulle risultanze finali esposte nell'allegato 5/2 annesso  al
decreto  legislativo  23  giugno   2011,   n.118,   a   seguito   del
riaccertamento  straordinario  dei  residui   effettuato   ai   sensi
dell'articolo 3, comma 7, dello stesso decreto legislativo n. 118 del
2011, nonche' sul ripiano del disavanzo previsto  dal  comma  13  del
medesimo articolo, limitatamente ai soli enti che hanno approvato  il
suddetto riaccertamento straordinario a decorrere dal 20 maggio 2015,
fermo restando il rispetto dell'articolo 3,  comma  8,  del  medesimo
decreto  legislativo  n.  118  del  2011,  il   quale   prevede   che
l'operazione di riaccertamento straordinario sia oggetto di un  unico
atto deliberativo"). 
    2. Legittimazione ad adire  la  Corte  costituzionale.  Prima  di
esporre i motivi che, a  parere  di  questo  giudicante,  rendono  le
suddette  norme  contrarie  alla   Costituzione,   appare   opportuno
precisare che, in base agli artt. 8 e 11,  c.  6,  del  codice  della
giustizia contabile, approvato con d.lgs  26  agosto  2016,  n.  174,
queste Sezioni  riunite  in  speciale  composizione  sono  un  organo
giudicante che esercita la giurisdizione esclusiva  della  Corte  dei
conti in tema di contabilita'  pubblica  ex  art.103,  c.  2,  Cost.,
sicche'  e'  indubbia  la  loro  legittimazione  ad  adire  la  Corte
costituzionale. 
    3. Rilevanza della questione sul  giudizio.  Come  esposto  nella
parte in fatto la prima,  e  piu'  importante,  criticita'  contabile
riscontrata dalla Sezione di  controllo  concerne  l'azzeramento  del
fondo   anticipazioni   liquidita'   (FAL),   con   imputazione   del
corrispondente  importo  al  fondo  crediti  di  dubbia  esigibilita'
(FCDE). Secondo la Sezione regionale di controllo  un'interpretazione
costituzionalmente orientata  della  norma  comporta  che  l'utilizzo
delle risorse accantonate nel FAL a copertura del FCDE e' ammissibile
soltanto "nei limiti degli incassi in  cento  residui  registrati  in
corso d'anno" e la norma di interpretazione autentica "non  introduce
elementi nuovi per l'interpretazione dei presupposti e dei  limiti  e
delle modalita' per l'utilizzo del FAL per l'accantonamento  a  FCDE,
ma  si  limita  a  stabilire  la   decorrenza   contabile   di   tale
utilizzo"(deliberazione impugnata pag. 37). 
    Il Comune di Napoli, di contro,  sostiene  che  l'interpretazione
costituzionalmente orientata proposta dalla Sezione di controllo  non
e' corretta perche' "la disciplina di cui  all'art.2,  comma  6,  del
D.L. 78/2015 ed all'art. 1, comma 814, della legge n.  205/2017,  non
trasforma   l'anticipazione   di   liquidita'   in   una   forma   di
indebitamento,  come  erratamente   sostenuto   nella   deliberazione
gravata, ma, molto piu' semplicemente, riduce l'ammontare del FCDE di
un importo corrispondente all'ammontare dal FAL". 
    Da quanto detto appare evidente come la decisione che il Collegio
deve prendere dipende dall'interpretazione delle norme in  questione,
nel senso che, se si  ritiene  corretta  l'interpretazione  letterale
della norma sostenuta dal Comune di Napoli e dalla Procura  generale,
il ricorso e' da accogliere, con il  conseguente  annullamento  della
delibera in parte qua,  mentre,  se  si  ritiene  corretta  l'opzione
ermeneutica  costituzionalmente  orientata  elaborata  dalla  Sezione
regionale   di   controllo   o   se   dovesse    essere    dichiarata
l'illegittimita' costituzionale  delle  suddette  norme,  il  ricorso
sarebbe da respingere,  confermando  la  statuizione  della  delibera
impugnata. 
    Va peraltro evidenziato che la criticita' contabile in  questione
e' quella  di  maggiore  significativita'  e  consistenza  economica,
atteso che, essendo stato integralmente azzerato  il  FAL,  l'importo
del disavanzo del Comune di Napoli e' stato diminuito dell'importo di
euro 1.140.485.893,16. 
    Per  quanto  riguarda  il  requisito  temporale   richiesto   per
l'applicabilita'   della   norma   di    interpretazione    autentica
("limitatamente  ai  soli  enti  che  hanno  approvato  il   suddetto
riaccertamento straordinario a decorrere dal 20 maggio 2015"),  dagli
atti  di  causa  risulta  che  il  riaccertamento  straordinario  dei
residui, previsto dall'articolo 3, c. 7, del decreto  legislativo  23
giugno 2011, n. 118, e' stato approvato  dal  Comune  di  Napoli  con
delibera della  Giunta  comunale  n.  370  in  data  8  giugno  2015,
rettificata con la successiva deliberazione n. 479 del 24 luglio 2015
in relazione ad errori materiali di compilazione (delibera  impugnata
pag. 33). 
    4. Impossibilita' di interpretazione costituzionalmente conforme.
Sempre in tema di ammissibilita' occorre verificare se sia  possibile
un'interpretazione della norma  in  questione  conforme  ai  principi
costituzionali, atteso che,  secondo  la  consolidata  giurisprudenza
della Corte costituzionale, il giudice a quo, pena l'inammissibilita'
della questione,  ha  l'onere  di  verificare  se  e'  possibile  una
interpretazione delle disposizioni sospettate di  incostituzionalita'
in grado di eliminare l'asserito contrasto. 
    Nel caso in esame tale verifica, e' ancor piu' rilevante  perche'
nella  delibera  impugnata  e'  esposta  un'opzione  ermeneutica  che
eliderebbe il contrasto con le norme costituzionali. 
    Rinviando per la  disamina  dell'interpretazione  proposta  dalla
Sezione regionale di controllo al successivo punto 9, e'  sufficiente
anticipare che il Collegio non ritiene  possibile  un'interpretazione
della norma diversa da quella letterale che, unitamente alla legge di
interpretazione autentica, non lascia dubbi sulla effettiva  volonta'
del legislatore. 
    Va evidenziato, infatti, che l'interpretazione adeguatrice non e'
praticabile a  totale  discrezione  del  giudice,  ma  e'  legata  al
presupposto oggettivo costituito dall'esistenza di un dato  lessicale
polisenso  suscettibile  di  letture  alternative,  tale   cioe'   da
esprimere, in applicazione dei generali  canoni  ermeneutici,  due  o
piu' possibili significati, dei quali uno soltanto compatibile con  i
precetti costituzionali. Ne consegue che quando,  come  nel  caso  di
specie, l'univoco tenore letterale della  norma  non  consente  altre
interpretazioni,   l'accesso    al    sindacato    di    legittimita'
costituzionale diventa una strada obbligata. 
    5. Il  fondo  anticipazioni  liquidita'  (FAL).  Per  comprendere
l'esatta  portata  delle  disposizioni  in  esame,  appare  opportuno
chiarire la genesi del fondo anticipazioni liquidita'  (FAL).  A  tal
fine e' necessario richiamare le sentenze  n.  181/2015,  269/2016  e
89/2017  della  Corte  costituzionale   che,   pronunziandosi   sulle
anticipazioni di liquidita' di cui al d.l.  8  aprile  2013,  n.  35,
convertito, con modificazioni, dalla l. 6 giugno 2013, n.  64,  hanno
affermato  che  "L'anticipazione  non  deve [...] rappresentare   una
risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi,  bensi'  un
istituto di natura finanziario-contabile avente lo scopo  di  fornire
liquidita' per onorare debiti pregressi, gia'  regolarmente  iscritti
in bilancio ed impegnati o comunque vincolati" e, per evitare  questo
effetto,   e'   stato    previsto    "l'obbligo    di    sterilizzare
l'anticipazione,   affinche'    la    stessa    da    strumento    di
flessibilizzazione della cassa non diventi anomalo mezzo di copertura
di nuove spese e di riduzione del disavanzo con  modalita'  contrarie
agli artt. 81 e 119, sesto comma, Cost." 
    E' stato inoltre precisato che le modalita' di  contabilizzazione
previste dall'art. 1 c. 692, della legge 28 dicembre  2015,  n.  208,
(iscrizione nel titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti,
di un  fondo  anticipazione  di  liquidita',  di  importo  pari  alle
anticipazioni incassate nell'esercizio, non impegnabile  e  pagabile,
destinato a confluire nel risultato di  amministrazione,  come  quota
accantonata)  consentono  tale  sterilizzazione,   atteso   che   "la
locuzione «confluire nel  risultato  di  amministrazione  come  quota
accantonata»  altro  non  significa  che   «neutralizzazione»   della
correlata  posta  attiva  ai  fini  del  calcolo  del  risultato   di
amministrazione". 
    Sebbene  prevista   legislativamente   per   le   sole   regioni,
l'istituzione del  fondo  anticipazioni  di  liquidita'  nella  parte
accantonata   del   risultato   di    amministrazione    era    stata
precedentemente individuata dalla Sezione delle Autonomie  di  questa
Corte con riferimento ai comuni. Nella delibera n. 33 del 17 dicembre
2015, la predetta Sezione ha affermato che "Nei  bilanci  degli  enti
locali  soggetti  alle  regole  dell'armonizzazione   contabile,   la
sterilizzazione degli effetti  che  le  anticipazioni  di  liquidita'
erogate ai sensi del decreto-legge 8 aprile 2013, n.  35,  convertito
dalla  l.  6  giugno  2013, n.  64,   e   successive   modificazioni,
integrazioni  e   rifinanziamenti,   producono   sul   risultato   di
amministrazione va  effettuata  stanziando  nel  Titolo  della  spesa
riguardante il rimborso dei prestiti un fondo,  non  impegnabile,  di
importo   pari   alle   anticipazioni   di    liquidita'    incassate
nell'esercizio,  la  cui  economia  confluisce   nel   risultato   di
amministrazione come quota accantonata ai  sensi  dell'art.  187  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267". 
    Successivamente il decreto del Ministero  dell'Economia  e  delle
Finanze del 4 agosto 2016 ha recepito tali indicazioni e, modificando
alcuni allegati al d.lgs. n. 118/2011,  ha  esplicitamente  previsto,
nella   parte   dedicata   alla   composizione   del   risultato   di
amministrazione al 31  dicembre,  l'inserimento  della  voce:  "Fondo
anticipazioni liquidita' decreto-legge n. 35 del  2013  e  successive
modifiche e rifinanziamenti" (art. 5, lett. e) ed f), per il bilancio
di previsione  e,  art.  6,  lett.  f),  per  quel  che  concerne  il
rendiconto). 
    Il meccanismo e' abbastanza semplice: stanziando nella  parte  in
uscita un fondo non impegnabile, di importo pari  alle  anticipazioni
di  liquidita'  incassate  nell'esercizio,  si   preclude   qualunque
utilizzo in bilancio di dette risorse per la copertura  di  disavanzi
ovvero di spese diverse e ulteriori rispetto  alla  finalita'  tipica
del pagamento dei debiti pregressi  previsti  dalla  legge.  Inoltre,
facendo confluire tale fondo (che essendo non impegnabile costituisce
un'economia di  spesa)  nella  parte  accantonata  del  risultato  di
amministrazione,  si  sterilizza  il  miglioramento   dello   stesso,
derivante   dal   pagamento   dei   residui   passivi    fatto    con
l'anticipazione,  che  viene  erogata  proprio  per   consentire   il
pagamento di debiti pregressi gia' regolarmente iscritti in  bilancio
ed impegnati (debiti "certi liquidi ed esigibili" ad una  determinata
data). 
    In tal modo si impedisce che un'erogazione destinata ad  incidere
solo sulla cassa dell'ente determini un miglioramento  del  risultato
di amministrazione e conseguentemente un incremento  della  capacita'
di spesa. 
    Da quanto detto discende che il FAL puo' modificarsi soltanto  in
seguito alla restituzione  dell'anticipazione  che  avviene  a  "rate
costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata
fino a un massimo di 30 anni (d.l. 35/2013, art. 1, c.  13,  per  gli
enti locali e art. 2, c.1, lett. c, per le regioni); piu' esattamente
la riduzione puo' avvenire in misura corrispondente all'importo della
quota capitale della rata di rimborso annuale. 
    Questo meccanismo e' stato chiarito dalla Sezione delle Autonomie
nella deliberazione 33/2015 sopra citata nella quale e' affermato che
"Il fondo di sterilizzazione degli  effetti  delle  anticipazioni  di
liquidita'  va  ridotto,  annualmente,  in  proporzione  alla   quota
capitale rimborsata nell'esercizio". 
    6. I dubbi di incostituzionalita'. Ritiene il  Collegio  che  una
riduzione del FAL,  originata  da  un  titolo  diverso  dall'avvenuto
rimborso dell'anticipazione di liquidita', ne determina  un  utilizzo
per finalita' diverse dalla mera provvista di cassa, ed in  tal  modo
amplia la capacita' di spesa dell'ente,  violando  numerosi  principi
costituzionali. 
    6.1. Elusione del giudicato costituzionale. In primo luogo  viene
in evidenza la  violazione  dell'art  136  Cost.,  per  elusione  del
giudicato costituzionale. 
    Come si detto le sentenze  181/2015,  269/2016  e  89/2017  hanno
affermato che  un'interpretazione  sistematica  e  costituzionalmente
orientata delle norme statali porta a concludere che le anticipazioni
di liquidita' "altro non costituiscono che anticipazioni di cassa  di
piu' lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie". Proprio  in
quanto tali, esse "non possono finanziare la copertura di disavanzi o
spese di pertinenza degli esercizi successivi all'entrata  in  vigore
del d.l. n. 35 del 2013" e per evitare siffatto  risultato  e'  stata
prevista la sterilizzazione tramite il FAL. 
    La norma della cui costituzionalita' si  dubita,  consentendo  di
utilizzare il FAL per finanziare il FCDE (o  meglio  trasformando  il
FAL  in  FCDE)  aggira  siffatte  statuizioni,  perche'  elimina   la
sterilizzazione,  migliorando  il  risultato  di  amministrazione,  e
aumenta la  capacita'  di  spesa  degli  enti,  diminuendo  l'importo
complessivo  del  risultato  di  amministrazione  che   deve   essere
accantonato. 
    Giova ricordare che  la  giurisprudenza  costituzionale  ha  piu'
volte censurato "la volonta' legislativa di mantenere in piedi  o  di
ripristinare, sia pure indirettamente, in contrasto  con  il  sistema
dell'efficacia delle decisioni caducatorie,  gli  effetti  di  quella
struttura normativa che aveva formato oggetto della  [...]  pronuncia
di  illegittimita'  costituzionale"  (ex   plurimis   sentenze   224/
2016,169/ 2015, 72/2013). 
    6.2. Violazione del pareggio del bilancio. In  secondo  luogo  e'
violato il principio del pareggio  di  bilancio  e  della  necessaria
copertura finanziaria sancito dagli articoli 81  e  97  c.  1  Cost.,
perche'  un'anticipazione  di  cassa  non  costituisce   una   valida
copertura finanziaria delle spese e nessun bilancio puo' considerarsi
in equilibrio in assenza della necessaria copertura delle spese. 
    La giurisprudenza costituzionale ha  chiarito  che  il  principio
della copertura finanziaria, "costituisce una  clausola  generale  in
grado  di  operare  pure  in  assenza  di  norme  interposte   quando
l'antinomia  coinvolga  direttamente  il   precetto   costituzionale:
infatti «la forza espansiva dell'art. 81, quarto [oggi terzo]  comma,
Cost., presidio degli equilibri di finanza pubblica, si sostanzia  in
una vera e propria clausola generale in grado di  colpire  tutti  gli
enunciati normativi causa di effetti  perturbanti  la  sana  gestione
finanziaria e contabile»" (sentenze n. 192 del 2012, 184/ 2016). 
    Il principio del pareggio di bilancio  consiste  nella  "continua
ricerca  di  un  armonico  e  simmetrico  bilanciamento  tra  risorse
disponibili e spese necessarie per il perseguimento  delle  finalita'
pubbliche"; esso  e'  immanente  nell'ordinamento  finanziario  delle
amministrazioni pubbliche  in  quanto  derivante  dall'art  81  della
Costituzione e "non si realizza soltanto attraverso il  rispetto  del
meccanismo autorizzatorio della spesa, il quale  viene  salvaguardato
dal limite dello stanziamento  di  bilancio,  ma  anche  mediante  la
preventiva quantificazione e  copertura  degli  oneri"  (sentenze  n.
70/2012, n. 115/2012, n. 250/2013 e n. 266/2013). 
    Orbene, se con il FAL si  finanzia  il  FCDE  viene  ampliata  la
capacita' di' spesa dell'ente  atteso  che  il  meccanismo  del  FCDE
comporta una necessaria contrazione  della  spesa.  Nel  bilancio  di
previsione, questa contrazione avviene con  un  meccanismo  simile  a
quello del FAL (stanziamento in bilancio  di  un'apposita  posta  non
impegnabile che confluisce poi  nel  risultato  di  amministrazione),
mentre nel  rendiconto  avviene  con  l'accantonamento  del  relativo
importo  sul  risultato  di  amministrazione.   Conseguentemente   se
diminuisce la quota accantonata del risultato di amministrazione  si'
ha  un  aumento  della  capacita'  di  spesa  direttamente  correlata
all'aumento della parte disponibile dell'avanzo o alla riduzione  del
disavanzo. 
    6.3. Violazione divieto di indebitamento. In terzo luogo si viola
il  divieto  di  indebitamento  per  spese  diverse  da   quelle   di
investimento previsto dalla "regola aurea" sancita  dal  sesto  comma
dell'art. 119 Cost. La Corte costituzionale dopo aver  precisato  che
l'anticipazione di cassa ha anche una funzione di  finanziamento,  ha
affermato che "la causa di finanziamento dell'anticipazione e'  stata
ritenuta compatibile col  divieto  di  cui  all'articolo  119,  sesto
comma, Cost. nei casi in cui [...] non  costituisca  surrettiziamente
un mezzo di copertura alternativo della spesa (sentenza n. 188/2014). 
    Tale principio e' espresso anche nell'articolo 3,  c.  17,  della
legge 24 dicembre 2003, n. 350, il quale dispone  che,  agli  effetti
dell'articolo   119,   sesto   comma,   Cost.,   non    costituiscono
indebitamento "le operazioni che non comportano  risorse  aggiuntive,
ma consentono di superare, entro il limite  massimo  stabilito  dalla
normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e  di
effettuare spese per le quali e' gia' prevista  idonea  copertura  di
bilancio". 
    L'incremento della capacita' di spesa che si e' sopra  illustrato
determina violazione della suddetta norma costituzionale, almeno  per
la quota del FCDE riferita alla spesa corrente. 
    Va peraltro evidenziato che  il  nuovo  principio  di  competenza
finanziaria  potenziata,  in   base   al   quale   la   registrazione
dell'accertamento  avviene  nell'esercizio  finanziario   nel   quale
l'obbligazione giuridica sorge, mentre la sua imputazione avviene  in
quello nel quale la stessa diviene esigibile,  rende  poco  frequente
l'ipotesi di costituzione ed accantonamento a FCDE per le entrate  in
conto  capitale,  tenendo  conto  del  fatto   che   non   richiedono
l'accantonamento i trasferimenti da altre  amministrazioni  pubbliche
(in  quanto  entrate  destinate  ad  essere   accertate   a   seguito
dell'assunzione dell'impegno da parte dell'amministrazione  erogante)
e i crediti assistiti da fidejussione. 
    6.4. Violazione principio di eguaglianza. Un  quarto  profilo  di
incostituzionalita'  riguarda   la   violazione   dell'art.   3   per
irragionevolezza della norma. 
    Va ricordato che "la giurisprudenza  costituzionale  «ha  desunto
dall'art. 3 Cost. un canone di "razionalita'" della legge  svincolato
da  una  normativa  di  raffronto,  rintracciato  nell'«esigenza   di
conformita' dell'ordinamento a valori  di  giustizia  e  di  equita'"
[...]   ed   a   criteri   di   coerenza   logica,   teleologica    e
storico-cronologica, che costituisce un presidio  contro  l'eventuale
manifesta irrazionalita' o iniquita' delle conseguenze della stessa»"
(Corte Cost. sentenze 162/ 2014, punto 13 del diritto, e  n.  87/2012
ivi citata). 
    Ancora di recente  e'  stato  affermato  che  "la  previsione  di
identiche conseguenze per condotte omogenee, ma caratterizzate da  un
minor disvalore  dell'una  rispetto  all'altra,  si  traduce  in  una
violazione   del   principio   di    ragionevolezza    che    designa
l'illegittimita' costituzionale della norma in esame  per  violazione
dell'art. 3 Cost." (sentenza 2/2019, punto 3.3. del diritto). Con  la
norma in esame viene addirittura premiato il comportamento di maggior
disvalore sociale. 
    Occorre    premettere    che,    generalmente,     il     ricorso
all'anticipazione di cassa e' causato dalla presenza in  bilancio  di
residui attivi inesigibili o insussistenti e  che  la  deficienza  di
liquidita' si  manifesta  per  effetto  del  finanziamento  di  spese
mediante i suddetti residui. Al riguardo la Corte  costituzionale  ha
affermato che "l'anticipazione di cassa e' negozio caratterizzato  da
una  causa  giuridica  nella  quale  si  combinano  la  funzione   di
finanziamento  con  quella  di  razionalizzazione  dello   sfasamento
temporale tra flussi di spesa e di entrata" (sentenza 188/2014) e che
la ratio dell'anticipazione di liquidita' "e' quella  di  riallineare
nel tempo la cassa  degli  enti  strutturalmente  deficitari  con  la
competenza, attraverso un'utilizzazione limitata al  pagamento  delle
passivita' pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri,
proporzionati alle quote di debito inerenti alla  restituzione  della
anticipazione stessa cosi' da rientrare dai disavanzi gradualmente ed
in  modo  temporalmente   e   finanziariamente   proporzionato   alla
restituzione  dell'anticipazione"   (sentenze   181/2015,   279/2016,
89/2017). 
    Pertanto,  il  ricorso   all'anticipazione   di   liquidita'   e'
sintomatico di una diffusa  illegalita'  finanziaria  nella  gestione
dell'ente, consistente nella violazione dell'equilibrio di  bilancio,
essendo state sostenute spese senza un'effettiva copertura. 
    In maniera paradossale la norma, consentendo di utilizzare il FAL
per finanziare il FCDE, premia l'ente che  ha  violato  l'obbligo  di
copertura  delle  spese,  perche',  avendo  fatto  maggiore   ricorso
all'anticipazione  di  liquidita',  vede  diminuire   il   sacrificio
economico conseguente al passaggio alla contabilita' armonizzata.  Al
contrario l'ente  piu'  virtuoso,  che  ha  rispettato  l'obbligo  di
copertura delle spese e, avendo una buona  riscossione  e  una  buona
tempistica nei pagamenti, non ha avuto  la  necessita'  di  ricorrere
all'anticipazione di liquidita', deve sopportare per  intero  l'onere
del maggiore disavanzo da armonizzazione. 
    7.  La  norma  di   interpretazione   autentica.   I   dubbi   di
costituzionalita'  sopra  esposti  sono  rafforzati  dalla  norma  di
interpretazione autentica contenuta nell'art.  1,  comma  814,  della
legge 27 dicembre  2017,  n.  205.  Sostanzialmente  la  disposizione
afferma che la facolta' di utilizzare il FAL per finanziare  il  FCDE
"puo' essere esercitata anche con  effetti  sulle  risultanze  finali
esposte nell'allegato 5/2 annesso al decreto  legislativo  23  giugno
2011, n. 118 a seguito del riaccertamento straordinario  dei  residui
effettuato ai sensi dell'articolo 3, comma 7,  dello  stesso  decreto
legislativo n. 118 del 2011". 
    L'allegato  5/2  contiene  due  prospetti:  il  primo   serve   a
rideterminare il risultato di amministrazione al 31 dicembre  2014  -
quale risultante  dal  rendiconto  2014  -  al  primo  gennaio  2015,
recependo le risultanze del riaccertamento straordinario dei residui.
Il secondo contiene la composizione del risultato di  amministrazione
al  1°  gennaio  2015  e  quindi  serve  per   determinare   l'avanzo
disponibile o il disavanzo d'amministrazione al 1° gennaio  2015.  Va
ricordato infatti che a norma dell' art 187, comma 1, Tuel "Nel  caso
in  cui  il  risultato  di  amministrazione  non  sia  sufficiente  a
comprendere le quote vincolate, destinate e accantonate, l'ente e' in
disavanzo di amministrazione". 
    In base alla norma di interpretazione autentica, l'utilizzo della
quota accantonata per il FAL per finanziare il FCDE,  si  applica  da
subito sulle risultanze finali previste nell'allegato 5/2. Poiche' le
risultanze  finali  in  questione   sono   quelle   che   determinano
l'ammontare delle risorse disponibili (in caso di avanzo) o di quelle
da ricostituire (in caso di  disavanzo),  ne  discende  che  il  FAL,
contrariamente alla sua funzione, viene utilizzato per determinare un
aumento della capacita' di spesa dell'ente sotto il profilo o  di  un
aumento dell'avanzo disponibile o di una diminuzione del disavanzo da
coprire. 
    La norma di interpretazione  prevede  anche  la  possibilita'  di
impiegare  il  FAL  per  ripianare  il  disavanzo  tecnico   previsto
dall'art. 3, comma 13, del d.lgs 118/2011, (nonche' sul  ripiano  del
disavanzo previsto dal comma 13 del medesimo articolo). 
    Sebbene la fattispecie esuli dall'oggetto del presente  giudizio,
e' opportuno richiamarla perche' rende ancor piu' palese la  volonta'
del legislatore di utilizzare il  FAL  come  fonte  di  finanziamento
della spesa e non come mera anticipazione di cassa. 
    E' opportuno precisare, per eliminare possibili equivoci, che  la
norma si riferisce al cd disavanzo tecnico e non,  come  generalmente
si ritiene, al disavanzo da riaccertamento straordinario, che  invece
e' previsto dal  successivo  comma  17,  come  si  desume  sia  dalla
circostanza che quest'ultimo disavanzo e'  determinato  nell'allegato
5/2, sia dall'uso della congiunzione "nonche'". 
    Anche in questa seconda ipotesi l'utilizzo del FAL  determina  un
incremento della capacita' di spesa, atteso che le risorse  liberate,
sono utilizzate per ripianare un vero e proprio disavanzo. 
    Sul punto e'  sufficiente  richiamare  la  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 6/2017, nella  quale  e'  stato  chiarito  che  "il
disavanzo tecnico, per il periodo intercorrente  tra  l'esercizio  di
applicazione in bilancio e quello di copertura, e' un vero e  proprio
disavanzo  e  -  senza  una   corretta,   nominativa   ed   analitica
individuazione dei creditori e dei  debitori  coinvolti  nel  calcolo
delle operazioni finalizzate all'ammissibilita' del disavanzo  stesso
e senza un'appropriata determinazione del fondo pluriennale vincolato
- risulta non conforme a Costituzione perche' mina  l'equilibrio  del
bilancio, sia in prospettiva annuale che pluriennale". 
    Alla luce di quanto sopra esposto, ritiene  il  Collegio  che  la
norma  di  interpretazione  autentica  rende  ancor  piu'  palese  la
violazione delle norme costituzionali sopra individuate  e  conferma,
se vi fossero dubbi, che la norma utilizza la quota  accantonata  nel
FAL per incrementare la capacita'  di  spesa  degli  enti  che  hanno
ottenuto l'anticipazione di liquidita'. 
    8. La tesi del comune di Napoli 
    Il Comune di Napoli sostiene che "la disciplina di cui all'  art.
2, comma 16, del D.L. 78/2015 ed all'art. 1, comma 814,  della  legge
n. 205/2017, non trasforma l'anticipazione di liquidita' in una forma
di indebitamento,  come  erratamente  sostenuto  nella  deliberazione
gravata, ma, molto piu' semplicemente, riduce l'ammontare del FCDE di
un importo corrispondente all'ammontare dal FAL". 
    La tesi e' palesemente infondata.  Innanzi  tutto  dal  punto  di
vista letterale la disposizione non consente questa  interpretazione,
perche' fa espresso riferimento all'utilizzo della "quota accantonata
nel risultato di amministrazione a  seguito  dell'acquisizione  delle
erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo  crediti  di  dubbia
esigibilita' nel risultato di amministrazione" e non viceversa. 
    Inoltre se la norma fosse interpretata come sostiene il Comune di
Napoli si porrebbe in contrasto con  le  disposizioni  contenute  nel
d.lgs  118/2011  e  con  i  principi  contabili.  In  particolare  il
principio contabile applicato concernente la  competenza  finanziaria
(allegato  4/2  al  d.lgs.  118/2011)  prevede  due  criteri  per  la
determinazione del FCDE a rendiconto, quello cd ordinario,  e  quello
cd semplificato, ma in nessuno dei due metodi e' previsto un cospicuo
abbattimento del FCDE come quello che  vi  sarebbe  secondo  la  tesi
prospettata dal Comune  di  Napoli.  Inoltre  l'adozione  del  metodo
semplificato viene circondata da particolari cautele, precisando  che
"l'adozione di  tale  facolta'  e'  effettuata  tenendo  conto  della
situazione  finanziaria  complessiva  dell'ente  e  del  rischio   di
rinviare oneri all'esercizio 2019". 
    In ogni caso, anche se  fosse  possibile  accedere  alla  lettura
della norma prospettata dal comune, rimarrebbero immutati i dubbi  di
costituzionalita', ed in particolare la violazione  dell'articolo  3,
perche' ancora una volta verrebbe  ridotto  il  sacrificio  dell'ente
meno virtuoso, e soprattutto degli art 81 e 97 primo comma,  perche',
depotenziando il FCDE, per  gli  enti  in  disavanzo  si  impedirebbe
l'effettivo riequilibrio del bilancio, mantenendo crediti inesigibili
o insussistenti e per quelli  in  avanzo  si  autorizzerebbero  spese
senza copertura, generandosi risorse, corrispondenti  alle  quote  di
avanzo libero, in realta' non esistenti. 
    Giova precisare, infatti, che il FCDE, anch'esso  previsto  nella
parte accantonata del risultato  di  amministrazione,  e'  una  posta
collegata alle entrate, la cui  funzione  e'  quella  di  "precludere
l'impiego di risorse di incerta acquisizione. In sostanza esso e'  un
fondo  rettificativo,  in  diminuzione  di  una  posta  di   entrata,
finalizzato a correggere il valore nominale dei crediti dell'ente  in
relazione alla parte di essi che si prevede di non incassare in corso
di esercizio. Per questo motivo,  in  parte  entrata  si  iscrive  il
credito al valore nominale (punto 3.3 dell'allegato 4/2 del d.lgs. n.
118 del 2011), mentre tra le passivita'  si  inserisce  l'importo  di
prevedibile  svalutazione  (art.  46   «Fondo   crediti   di   dubbia
esigibilita'», del d.lgs. n. 118 del 2011 e punto  3.3  dell'allegato
4/2 del medesimo decreto), il quale viene accantonato proprio al fine
di evitare un risultato di amministrazione negativo a  seguito  delle
eventuali  minusvalenze  derivanti  dalla  riscossione  dei   crediti
soltanto parziale" (Corte costituzionale, sentenza n. 279/2016). 
    In altre parole, il FCDE mira ad accumulare risorse sufficienti a
coprire le  prevedibili  insussistenze  di  crediti,  in  maniera  da
prevenire  squilibri  di  bilancio,  collegati  a  crediti   la   cui
riscossione risulti statisticamente improbabile  o  impossibile.  Per
raggiungere questo scopo l'allegato 4/2 del d.lgs. n. 118 del 2011 al
punto 9.2, dispone che "L'utilizzo  della  quota  accantonata  per  i
crediti  di  dubbia  esigibilita'  e'  effettuato  a  seguito   della
cancellazione dei crediti dal conto del bilancio, riducendo  di  pari
importo il risultato di amministrazione". 
    9. L'interpretazione  della  Sezione  di  controllo.  La  Sezione
regionale di controllo, dopo aver premesso che  un  integrale  e  non
giustificato   assorbimento   di   un   fondo   nell'altro    sarebbe
incostituzionale, per violazione degli artt. 81, 97 e 119,  comma  6,
Cost., "perche' l'effetto sarebbe sicuramente quello del  surrettizio
finanziamento della copertura di disavanzi effettivi  «generando  una
plusvalenza fittizia ai fini della determinazione  del  risultato  di
amministrazione", ritiene  che  la  norma,  per  essere  conforme  ai
principi  costituzionali  del  pareggio  di  bilancio,  deve   essere
interpretata ed applicata nel senso di "autorizzare un «utilizzo» del
FAL a finanziamento del FCDE solo nei limiti degli incassi  in  conto
residui registrati in corso d'anno" e che la norma di interpretazione
autentica  si  limita  soltanto  a  rendere  il  suddetto  meccanismo
applicabile "in sede di  riaccertamento  straordinario,  consentendo,
gia' con tale decorrenza, una riduzione del sacrificio aggiuntivo  in
termini di spesa, richiesto dalla nuova contabilita' armonizzata". 
    La  Sezione  di  controllo  richiama  espressamente  la   propria
delibera  1/2017  per  quanto  concerne  la  ragionevolezza  di  tale
interpretazione. Si legge in tale delibera che  "l'utilizzo  del  FAL
nel FCDE puo' determinare una riespansione della capacita' di  spesa,
perche' cambia il sistema di ripiano e di rientro dal disavanzo".  In
particolare si afferma che "il disavanzo da FAL, essendo gia' incluso
nel precedente  risultato  di  amministrazione,  continua  ad  essere
ripianato con le regole ordinarie, quello aggiuntivo, determinato dal
FCDE, si ripiana in 30 anni, a titolo di maggiore disavanzo". 
    Questi effetti distorsivi non si realizzerebbero, invece,  quando
"si e' registrato nell'anno un incasso  in  conto  residui  superiore
alla quota di ammortamento (utile alla restituzione anticipata),  che
non e' stato registrato ne' dal FAL (ridotto solo  per  il  secondo),
ne' dal FCDE, che si riduce solo per effetto della  stabile  crescita
della riscossione in conto residui", perche' in questo  caso  "vi  e'
certezza, da un  lato,  che  il  FAL  abbia  gia'  raggiunto  i  suoi
obiettivi  costituzionali,  dall'altro,  che   l'utilizzo   ai   fini
dell'accantonamento a FCDE  corrisponda  ad  una  quota  parte  dello
stesso  che  risulti  effettivamente  sovradimensionata  rispetto  al
rischio di insoluti e insussistenze attuali dell'attivo". 
    In buona sostanza, l'utilizzo del FAL per finanziare il FCDE,  ai
sensi dell'art. 2, comma 6, del D.L. n. 78/2015; sarebbe  ammissibile
solo "nella misura implicita (massima)  della  riscossione  in  conto
residui, di anno in anno intervenuta". 
    Sempre  secondo  la  Sezione  tale   meccanismo   eviterebbe   la
disparita' di trattamento tra enti  virtuosi,  che  non  hanno  avuto
necessita'  di  ricorrere   alle   anticipazioni   straordinarie   di
liquidita'  ex  D.L.  n.  35/2013,  e  non  virtuosi,  che  di   tale
anticipazione hanno avuto bisogno. 
    Osserva il Collegio che quella proposta dalla  Sezione  regionale
di controllo non e' una interpretazione ma una particolare  modalita'
di  applicazione.  Infatti  l'interpretazione   letterale,   prevista
dall'art 12, comma 1, delle  disposizioni  sulla  legge  in  generale
("Nell' applicare la legge non si puo' ad essa attribuire altro senso
che quello fatto palese dal significato proprio delle parole  secondo
la connessione di esse; e dalla intenzione del legislatore"), e tutti
gli altri  canoni  ermeneutici  elaborati  dalla  scienza  giuridica,
escludono che alla norma possa attribuirsi il significato individuato
dalla  Sezione  di  controllo,  ne'  viene  indicato   alcun   canone
ermeneutico che suffraga l'interpretazione proposta.  In  realta'  la
Sezione, per  evitare  i  risultati  aberranti  che  la  disposizione
comporta e non potendo adire la Corte costituzionale,  ha  manipolato
la norma, aggiungendo alla  stessa  l'inciso  "nella  misura  massima
della riscossione in conto residui, di anno in anno intervenuta".  Ma
in tal modo e' stata fatta un'operazione manipolativa, propria  delle
sentenze additive della Corte costituzionale, che esula  dai  compiti
dell'interprete e  rientra  in  quelli  riservati  esclusivamente  al
Giudice delle Leggi. 
    Inoltre il criterio individuato dalla. Sezione di controllo e' in
contrasto con la norma di interpretazione autentica. Infatti,  atteso
che la trasformazione del FAL in FCDE "puo' essere  esercitata  anche
con effetti sulle risultanze finali esposte nell'allegato 5/2" e  che
il predetto allegato ridetermina, con effetto dal primo gennaio 2015,
il risultato di amministrazione al 31  dicembre  2014,  recependo  le
risultanze  del  riaccertamento  straordinario  dei  residui,  appare
evidente che in siffatto lasso temporale  non  puo'  essere  avvenuta
alcuna  riscossione  in  conto  residui.  Pertanto  l'interpretazione
proposta dalla Sezione di controllo non puo' trovare applicazione. 
    Infine, quanto all'affermazione che l'utilizzo del FAL  nel  FCDE
cambia il sistema di rientro dal disavanzo, perche' quello  derivante
dalla necessita' di costituire  il  FAL,  essendo  gia'  incluso  nel
precedente risultato di amministrazione,  dovrebbe  essere  ripianato
con le regole ordinarie,  mentre  quello  determinato  dal  FCDE,  si
ripiana in 30 anni, a titolo cd extra deficit,  osserva  il  Collegio
che tale assunto non e' corretto perche' anche agli enti locali  puo'
essere esteso il ripiano trentennale previsto dall'art. 1, comma 694,
della legge 28  dicembre  2015,  n.  208  per  l'eventuale  disavanzo
risultante   nell'esercizio    di    erogazione    dell'anticipazione
("L'eventuale  disavanzo  risultante  nell'esercizio  di   erogazione
dell'anticipazione, per un importo pari al fondo di cui al comma 693,
lettera  a),  e'  annualmente   ripianato   per   un   importo   pari
all'ammontare del rimborso dell'anticipazione stessa, effettuato  nel
corso dell'esercizio") e dal comma 699  per  quello  derivante  dalla
costituzione  del  FAL  ("L'eventuale  disavanzo  di  amministrazione
derivante dall' accantonamento al fondo anticipazione  di  liquidita'
di cui al comma 698 e' ripianato annualmente, a decorrere  dal  2016,
per un importo pari all'ammontare dell'anticipazione  rimborsata  nel
corso dell'esercizio precedente"). 
    Sarebbe infatti illogico concedere un'anticipazione da restituire
in trenta annualita' e poi pretendere che il riallineamento tra cassa
e competenza avvenga in un  termine  molto  piu'  breve.  Infatti  se
l'ente poteva ripianare nei ristretti termini previsti  dall'art  188
Tuel Io squilibrio  di  competenza  che  si  rifletteva  sulla  cassa
impedendo i pagamenti,  non  aveva  alcun  bisogno  di  ricorrere  ad
un'anticipazione di cassa da restituire  in  un  tempo  cosi'  lungo.
Giova a tal  fine  ricordare  che,  la  ratio  dell'anticipazione  di
liquidita' "quale si ricava dalla genesi del decreto-legge e dai suoi
lavori preparatori, e' quella di riallineare nel tempo la cassa degli
enti  strutturalmente  deficitari  con  la   competenza,   attraverso
un'utilizzazione limitata al  pagamento  delle  passivita'  pregresse
unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri,  proporzionati  alle
quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa
cosi'  da  rientrare  dai   disavanzi   gradualmente   ed   in   modo
temporalmente  e  finanziariamente  proporzionato  alla  restituzione
dell'anticipazione" (Corte costituzionale  sentenza  181/2015,  punto
3.2. e sentenza 89/ 2017, punto 7.1). 
    Inoltre, consentendo il recupero  trentennale  del  disavanzo  si
evita anche l'aggravamento derivante dal cambiamento del  sistema  di
sterilizzazione (dal residuo passivo, che sarebbe stato eliminato con
il pagamento delle rate e quindi in un arco  di  tempo  maggiore,  al
sistema del FAL, previsto con il passaggio all'armonizzazione), e  si
eviterebbero ingiustificate disparita' di trattamento tra enti locali
e regioni. 
    In conclusione, ritiene il Collegio che ai fini  della  riduzione
del FAL a nulla rileva l'eventuale riscossione dei residui attivi che
finanziavano i residui passivi eliminati in seguito al loro pagamento
con la disponibilita' di cassa derivante dall'anticipazione. Infatti,
come affermato dalla Sezione Autonomie con delibera  28/2017  qualora
si verifichi che "l'oculata gestione di un  ente  e  il  recupero  di
residui attivi producano risorse che, in apparente incoerenza  con  i
principi di sana gestione finanziaria, potrebbero apparire  bloccate,
in quanto non destinabili a spesa "nuova", la  naturale  destinazione
di queste risorse dovrebbe essere quella della riduzione/  estinzione
del  debito  derivante  dall'anticipazione  di   liquidita',   previa
rinegoziazione del mutuo contratto con la Cassa Depositi  e  prestiti
o, per le regioni, del contratto stipulato con il MEF. 
    In tal modo si accelererebbe il percorso  di  allineamento  della
cassa con la gestione di competenza, che, costituisce la ratio  delle
anticipazioni di liquidita', si  alleggerirebbe  il  bilancio  di  un
notevole onere pluriennale, si ridurrebbe la spesa per  il  pagamento
degli interessi contrattualmente previsti. Ed infine,  last  but  not
least, si recupererebbe, almeno in parte,  la  violazione  del  patto
intergenerazionale    conseguente     al     recupero     trentennale
dell'anticipazione  di  liquidita'   che,   unitamente   al   ripiano
trentennale  del  disavanzo  da  riaccertamento  straordinario,   sta
scaricando sulle prossime generazioni masse notevoli di debito. 
    10. Conclusioni. Sulla base di quanto sopra esposto  il  Collegio
ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6, del d.l. 19  giugno
2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla l. 6  agosto  2015,
n. 125, come interpretato  autenticamente  dall'art.  1,  comma  814,
della 1. 27 dicembre 2017, n. 205 in relazione agli articoli  3,  81,
97, primo comma, 119, sesto comma, e 136 della Costituzione.